Nel 1994 Andrea Morucchio realizza un lavoro fotografico incentrato sulle opere di Antonio Canova conservate nella Gipsoteca del Museo Canoviano di Possagno. Gli originali in gesso, la cui superficie è costellata da cilindretti di bronzo, punti di rèpere per la traduzione nel marmo, divengono il soggetto di una reinterpretazione formale ed emotiva dell’opera canoviana.Gli scatti fotografici in bianco e nero intensificano l’effetto fortemente antirealistico dei puntini (A. Corboz, 1979) che si stendono come una rete sulla superfice dei corpi canoviani; strumenti partecipi di quella “invisibile geometria” di armonia di proporzioni e relazioni tra le parti, attraverso cui Canova realizzava le sue sculture in un processo di sublimazione, di “sublime esecuzione”. L’obiettivo fotografico si concentra sull’accentuazione dei valori formali, espressivi e plastici delle opere, con l’intenzione di intensificare lo sguardo sulla scoperta o riscoperta di una trazione muscolare, di un gesto, di un sentimento, del passaggio di un pensiero su un volto. Così per i lottatori Creugante e Damosseno e il Cristo della Pietà, le cui volumetrie vengono estrapolate ed isolate, quasi introdotte ad un processo astrattivo.
I primi piani, la ripresa di particolari, la successione di diverse inquadrature di un medesimo soggetto sembrano poter accentuare l’intensità psicologica delle opere ma anche le relazioni formali, le curve e controcurve dei profili, i pieni e i vuoti e, come in una sorta di visione rallenta, si attualizza, nella succesione delle riprese basate sempre su di un progressivo scarto tra inquadratura e inquadratura, lo stato della dolcezza, della disperazione, del dolore, come nella serie fotografica de La Pietà, delle Tre Grazie, del “piccolo gruppo platonico” - Canova - di Amore e Psiche stanti dove l’obiettivo si concentra nel centro espressivo, emotivo e dinamico della composizione, in quel gioco squisitamente fragile delle mani che accarezzano e proteggono una farfalla. (P. Mariuz, 2002).
Si tratta spesso di sequenze, quasi di fotogrammi di un’azione in corso, che riescono a interpretare sensibilmente la “mobilità” e la sensualità dell’opera canoviana, scultura attorno cui girare, sempre diversa a seconda dei punti di vista, multifocale. Ma il lavoro di Morucchio instaura e accentua anche inedite relazioni tra le opere attraverso studiati dosaggi di luci ed ombre, scansioni di primi e secondi piani, inquadrature impostate secondo significanti e calibrate prospettive, spesso usando una tecnica di ripresa di still life, mentre l’emozione di un muto e prezioso dialogo – quasi metafisico - si condensa nelle fotografie realizzate in una delle sezioni dell’area di Carlo Scarpa dove la luce ipetrale scende dai lucernari angolari lambendo e scivolando sulle figure, sulla Ninfa dormiente, la Naiade, il Monumento a George Washington, l’Autoritratto.