“Metamorphosis. Identità enigmatica”, testo critico di Stefano Cecchetto, 2018, ita
Frammenti, tasselli, striature, schegge di immagini che si scompongono per poi risistemarsi nell’identità alterata di una figura ‘altra’, che evoca l’originale, lo conferma, ma nello stesso tempo lo reinterpreta. Andrea Morucchio, in queste sue opere recenti, cerca un punto di contatto, un avvicinamento con la grande pittura rinascimentale e barocca per la verifica di un rapporto con l’arte del passato. Ma la ricerca del nuovo non può e non deve contrapporsi alla tradizione, semmai deve fornire differenti chiavi di lettura per rileggerla, per reinserirla nella contemporaneità. Un obiettivo questo, affrontato da Morucchio già nel 2015 con l’installazione: “The Rape of Venice”, collocata nelle sale di Palazzo Mocenigo durante la 56a Biennale d’Arte di Venezia. In quell’occasione l’artista realizza un tappeto composto dai frammenti del pavimento a mosaico della Basilica di San Marco e lo ricostruisce in una sorta di puzzle visivo che rimanda ai temi del labirinto. Nella scomposizione, e nella differente ricomposizione dello schema geometrico del pavimento marciano, Morucchio individua uno stato di equilibrio precario e conferma l’innata tendenza dell’artista a produrre l’ordine attraverso la continua ricerca di forme semplici, quale funzione primaria dell’Astrattismo. Quasi una metafora della dinamica umana, per una nuova percezione visiva della realtà. Le immagini ‘iconiche’ della pittura rinascimentale, individuate ora da Morucchio, e poi rielaborate in un processo di frammentarietà cromatica che ne dichiara l’identità, diventano visioni de-composte e restituite in elementi fragili, sbrecciati, come tasselli della memoria recuperati dopo una deleteria esplosione. Il tempo e lo spazio di questo recupero avviene tutto dentro alla moderna concezione del pixel, quale strumento di elaborazione dei dati sensibili dell’immagine. Ma le caratteristiche che governano questa singolare ars combinatoria sono generate da una personale poetica dell’artista che riesce a fondere congegni differenti e a concertare soluzioni e modelli di rara finezza estetica. Morucchio lavora su frammenti sensoriali che suggeriscono l’estinzione di qualsivoglia forma chiusa e suggerisce traiettorie inconsuete, orditure iconiche e di pensiero nelle quali è possibile perdersi in citazioni e riferimenti. La pittura è uno specchio deformante che sposta la visione, modifica le proporzioni, l’asincronia della percezione fino a intravedere la possibilità di una superficie che riflette il passato e lo proietta nell’immediato futuro. Le citazioni: da Leonardo a Botticelli, da Giorgione a Tiziano, entrano nel corridoio della suggestione, dell’istanza ideologica, dello stereotipo di immagini ormai logorate da un consumismo estetico e quindi facilmente decifrabili dal grande pubblico. Il merito di Morucchio è quello di ricondurle dentro a una differente filosofia interpretativa che ne interrompe il cerchio temporale e apre un varco verso i territori sempre più vasti del linguaggio contemporaneo.
Stefano Cecchetto