bg 24cento | 2013

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    bg 24cento | L'opera di Andrea Morucchio | intervista di Astrid Serughetti | n.75 ottobre 2013


     

    Andrea sei a Milano in questi giorni con una personale dedicata alle tue fotografie; fotografie di luoghi, di colori, più che di persone. Cosa ha da raccontare lo spazio per te? Fotografo in luoghi che mi stimolano a realizzare un'inquadratura che non sia una semplice, per quanto affascinante, documentazione di uno spazio urbano o industriale. Anche in luoghi normalmente considerati banali e privi di fotogenia cerco una composizione formale semplice ed essenziale in cui campiture cromatiche, linee di fuga e a volte elementi figurativi partecipano a creare un'immagine fotografica che esprima un linguaggio artistico contemporaneo. Rispetto all'approccio reportagistico che ho sviluppato negli anni 90 le persone che appaiono nei miei lavori più recenti, da soggetti principali dello scatto, diventano uno degli elementi della composizione e grazie al loro muoversi nell'inquadratura mi permettono delle opere visive di "statica dinamicità". 
    
    Il tuo è un percorso dal Veneto verso l’Italia e l’Europa e l''Australia. Cosa della tua terra ti ‘condiziona’ o ti ‘ispira’ quando crei un progetto? Cosa dell’essere un’artista italiano?  Alcuni dei miei lavori istallativi e multimediali nascono dalla combinazione tra questioni contemporanee e luoghi o eventi storici legati al territorio in cui vivo. Progetti che esprimono collegamenti trasversali tra eredità storica e contemporaneità socio-politica come l'installazione Laudes Regiae (Ex Convento dei Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia, 2007) i cui elementi plastici sono delle copie in vetro soffiato di una celata medievale conservata nelle sale dell'Armeria di Palazzo Ducale a Venezia. O l'intervento di public art dal forte impatto scenografico e simbolico Pulse Red (Punta della Dogana, Venezia, 2004) che per diverse notti ha fatto pulsare di luce rossa intermittente il Globo d'Oro della Punta della Dogana da Mar, zona limite per l’accesso al cuore di Venezia, contribuendo all’approfondimento del tema del confine sviluppato dal progetto Borders, ricerca multimediale sui confini oggi. Un'ultimo progetto che vorrei citare per la profonda connotazione territoriale veneziana è l'installazione video-audio site specific Le Nostre Idee Vinceranno (Gemine Muse, giovani artisti nei Musei Italiani, Museo Mocenigo, Venezia, 2002/2003) che fa interagire delle proiezioni tratte da alcuni particolari fotografici del dipinto La Battaglia Navale e il brano musicale Il Canto Sospeso di Luigi Nono. Il dipinto commemora l’eroicità del Capitano da Mar Zaccaria Mocenigo e rappresenta una battaglia navale in cui il Mocenigo non esitò a far esplodere la sua nave sacrificando la propria vita e quella dell’equipaggio piuttosto che arrendersi al nemico. E' un progetto che al tempo voleva stimolare una riflessione sul fenomeno  del fanatismo terroristico suicida e sulla ambiguità della retorica di chi lo celebra e di chi lo combatte in nome di una “guerra di civiltà”. Per tornare alla fotografia un lavoro senza dubbio legato al territorio è la serie fotografica in bianco e nero Gipsoteca realizzata nel 1994 nel Museo Canoviano di Possagno. Ma ovviamente un'artista contemporaneo si relaziona a culture di altri territori e per me il confronto più significativo è stato con la cultura aborigena e il territorio boschivo australiano che ha determinato il progetto multimediale Eidetic Bush (Plimsoll Gallery, Hobart, Australia, 2003). 
    
    Hai lavorato con la fotografia, con il video, con la scultura. Facciamo un’istantanea del tuo lavoro artistico oggi: una certezza? una volontà? una sfida? Finora ho utilizzato mezzi e linguaggi  molto diversi tra loro e questo non permette di avere come autore una particolare riconoscibilità nella scena dell'arte contemporanea; specialmente negli ultimi anni l'eccedenza di artisti, galleristi, spazi espositivi, premi etc. insieme alla mancanza quasi totale di una critica e di una pratica curatoriale indipendenti hanno provocato una deregolamentazione molto forte del sistema dell'arte in Italia. Uno degli aspetti negativi di questa situazione è la superficialità, la banalità e l'omologazione con cui il pubblico e i cosiddetti "addetti ai lavori" approcciano il lavoro di un'arista, specialmente se questi propone dei linguaggi e utilizza dei media molto eterogenei e quindi è meno riconoscibile e omologabile come nel mio caso. Malgrado ciò e venendo alla tua domanda recentemente e come si dice "con il senno di poi" ho sviluppato la certezza che le tra le mie produzioni artistiche così diverse per tecniche e linguaggi esiste un collegamento di rimandi formali e concettuali che definisce e individua una mia personale poetica. Questa certezza/consapevolezza che l'artista dovrebbe acquisire dopo una lungo periodo di sperimentazioni rappresenta un nuovo punto di partenza che rafforza la volontà di continuare nel far arte sfidando prima di tutto se stessi nel mettersi costantemente in gioco al di fuori di tendenze dominanti o scelte eterodirette influenzate dal curatore, dal gallerista o addirittura dal collezionista. 

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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